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Raimondi sul periodo
romano con Faggioni
Prefazione
di Piero Faggioni in Leone Magiera: Ruggero Raimondi, 1994, Milano,
Ricordi, pp.4-11.
E' interessante rileggere
oggi come l'entusiasmo di Raimondi per questi avvenimenti romani si riflettesse
in alcune sue interviste di allora. A Musica viva nel '79, Ruggero
dopo aver definito disastrosa la sua preparazione scenica
precedente, raccontava brevemente come ne era uscito. "Quando
Labroca, che era stato l'angelo custode dei primi anni della mia carriera,
mi ha proposto di cantare Mefistofele nel Faust, alla Fenice, io
sono quasi svenuto. Sapevo di avere un bel colore di voce, ma sapevo anche
di essere una patata in palcoscenico. Colpa della mia solita timidezza:
se muovevo anche un solo dito, mi sembrava che gli occhi di tutti fossero
puntati su quel dito. E così il mio angelo custode mi ha consegnato
a Piero Faggioni e gli ha dato due mesi di tempo per prepararmi. La mia
"iniziazione" è avvenuta a Roma, allo Stadio dei Marmi,
dove Faggioni mi costringeva a cantare "Dio dell'or" saltando
sulle gradinate, mentre i ragazzi che facevano atletica ogni tanto si
fermavano a guardarci scuotendo la testa. Eravamo amici, fratelli, ma
lui aveva un carattere pazzesco, quando si metteva in mente qualcosa bisognava
assolutamente ubbidirgli."
Lo stesso episodio sarà poi raccontato un anno dopo a Parigi a
Catherine Clément e riportato da lei nel ritratto biografico di
Raimondi per Le Matin: "Si sentiva talmente a disagio nel
suo immenso corpaccio Ruggero, da essere spaventosamente timido. Talmente
timido, che un giorno un regista, il suo amico e fratello Piero Faggioni,
per dargli fiducia l'ha costretto a cantare Le veau d'or est toujours
debout correndo per le strade di Roma... Se incontravano un sasso,
un gradino, un monticello, Ruggero doveva saltare e hop! "le veau
d'or". Quando giunsero allo Stadio dei Marmi, hop, " le veau
d'or", sui gradini! La gente li credeva matti... avevano entrambi
meno di trent'anni. E Ruggero, di veau d'or in veau d'or, ha imparato
a servirsi del suo gran corpo ingombrante". (Gli occhi di Ruggero,
conclude Catherine Clément, "ridono di gioia rivivendo la
scena").
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