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LEONETTA BENTIVOGLIO: Raimondi: viva Falstaff e il suo mondo ladro
in La Repubblica, GIOVEDI 23 MAGGIO 1999

FERRARA - Con la consueta presenza torva e maestosa, che maschera o protegge un temperamento amabilissimo, e l'inconfondibile vocione di velluto, Ruggero Raimondi parla del Falstaff che sta provando con Abbado a Ferrara, in scena da domani. Duttile cantante-attore e intramontabile bel tenebroso della lirica giustamente adorato dal cinema, che gli ha regalato ruoli memorabili coi massimi registi (dal Losey di Don Giovanni al Rosi di Carmen e al Resnais de La vita è un romanzo), il basso bolognese (classe '41) torna a campeggiare nella produzione che riprende l'allestimento di Berlino del '98.Falstaff a Ferrara

Chi è il "suo" Falstaff?
"Uno che ha capito tutto, che intriga per sopravvivere con astuzia e senso dell'improvvisazione. Che sa dirci: Tutto nel mondo è burla. Altro che patetico: è saggio con humour, disincantato. Capace di lodare l'arte di rubar con garbo e di assoggettare ciascuno al proprio gioco. Meg, Alice, Ford, tutti sono catturati dalla sua burla".
Come lavora con Abbado? Ha fama di direttore "difficile", che non parla coi cantanti.
"Sciocchezze: è aperto, disponibile. Oltre a essere il grande musicista che sappiamo. Con lui il lavoro di preparazione è stato lungo e minuzioso, attento alla precisione ritmica e alle dinamiche e il più possibile fedele alla scrittura di Verdi".
Falstaff a FerraraQuali ruoli le piace di più interpretare?
"Amo Don Carlo, Don Chisciotte, Boris... Ma i più interessanti sono i cattivi: Jago, cattivo interiore, o Scarpia, raffinato campione di sadomasochismo".
I suoi prossimi appuntamenti?
"Otello a luglio con Mehta a Monaco, Tosca a novembre con Gatti a Bologna, Assassinio nella Cattedrale a Torino nel marzo 2000. Nello stesso anno interpreterò ancora Scarpia in una nuova Tosca cinematografica e un Così fan tutte a Salisburgo con Abbado. Sarà il mio debutto come Don Alfonso".
Crede che esista ancora, nella lirica, lo star system?
"Oggi le star non sono i cantanti, ma i direttori e i registi. E l' aura della lirica è sbiadita. Un tempo l'apertura della Scala o dell'Opera di Vienna erano eventi. Ora l'immediatezza dell' informazione televisiva fa scadere ogni interesse. Se la guerra è diventata una cosa normale, figuriamoci il resto".
Non sarà che la lirica è un genere agonizzante, come sostiene il direttore del festival di Salisburgo Mortier?
"L'opera è viva, ma i rischi esistono: arrivano da quei registi d' oggi pronti a distruggere la tradizione. Con la lora ansia d'innovare non lavorano sulla drammaturgia, ma snaturano i libretti e brutalizzano ambientazioni. Senza capire che la modernità sta altrove, nel rinnovamento dei rapporti drammaturgici. Pensi a quel momento magnifico di Falstaff che è Mondo ladro. Quanta drammatica ironia nel constatare che non c'è virtù, che tutto sta declinando. Sembra di sentir parlare di Tangentopoli... Vita che scorre dolorosa e buffa, intrecci di inganni, denaro e potere che si ripetono in abiti diversi. Che c'è da modernizzare? Tanto vale restare coi costumi d'epoca esaltando l' attualità del tutto".


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